Baroness_Mary_Vetsera
Romanzo Storico

MAYERLING

Claude Anet

Classificazione: 5 su 5.
Mayerling
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PROLOGO

Una grande stanza, con un soffitto alto, arredata in modo ricco, le cui due finestre si affacciavano su un parco con alberi alti, troppo vicini. Un paravento separava in modo insufficiente il letto centrale dal resto della stanza, sul quale era distesa una giovane donna. I suoi capelli castani, accuratamente intrecciati, si stendevano sul cuscino, formandole un’aureola. Il viso, sebbene i tratti fossero contratti dal dolore, era bello; le sopracciglia aggrottate disegnavano una linea retta. Dalla bocca sottile e ben delineata a volte sfuggiva un gemito e, sotto il lenzuolo che lo copriva, si vedeva il corpo irrigidirsi. Vicino al letto si trovava un gruppo di persone attente, un anziano in frac, una decorazione appuntata sul bavero del suo abito, un uomo più giovane dal volto intelligente, in camice bianco, e due infermiere. All’ora in cui ogni donna, ferita nel corpo e nella pudicizia, ha il diritto di essere sola, diverse persone erano riunite intorno a questa donna che soffriva. Apparteneva, infatti, a una casta in cui né dolore né gioia possono essere tenuti segreti e l’imperatrice d’Austria, Elisabetta, ventenne, era costretta a partorire in pubblico.

In una delle finestre, un piccolo uomo rotondo con gambe corte, S.A.I.R. l’arciduca Ranieri, stava in piedi. Parlava a bassa voce con il consigliere intimo Carlo Ferdinando, conte di Buol Schauenstein. Tre altri personaggi in uniforme guardavano silenziosamente il parco con viali rettilinei su cui cadeva l’ombra. Due signore sedute in un angolo sussurravano. Un uomo di circa trent’anni in uniforme verde scuro da generale degli ulani, si appoggiava al camino. Era di statura media, magro, con gambe lunghe; il viso era incorniciato da lunghi favoriti biondi uniti a spesse baffi. I capelli, tagliati corti, erano già diradati sulle tempie, il naso era un po’ grosso sulla punta, gli occhi senza molta espressione. Per quanto fosse padrone di sé – e la vita che aveva condotto negli ultimi dieci anni come imperatore d’Austria e re d’Ungheria lo aveva obbligato a controllare e nascondere i suoi sentimenti – non poteva nascondere un grande nervosismo che traduceva facendo schioccare le dita della mano sinistra sulla mano destra. Quando lo schiocco diventava troppo forte, se ne accorgeva, si fermava improvvisamente e, tirando rapidamente i baffi, camminava velocemente dal camino alla finestra. I suoi stivali stridevano sul parquet. Alla lunga, questo rumore infastidì la giovane donna sdraiata e, con la mano, gli fece segno di stare fermo…

Si fermò immediatamente.

« Chiedo scusa, cara », mormorò.

In punta di piedi, come un bambino colto in fallo, tornò al camino.

Un’ora passò così. La notte arrivava e l’imbarazzo che gravava sulle persone presenti era aumentato al punto da diventare insopportabile. Ognuno capiva, senza che fosse necessario esprimerlo, che non stava assistendo a una cerimonia di corte, ma al più commovente dei drammi umani. Gli abiti variopinti e le uniformi sembravano insultare quel povero corpo di donna che tremava nel dolore. Il silenzio veniva turbato solo dai gemiti che, a intervalli sempre più ravvicinati, provenivano dal letto della paziente. L’imperatore, sempre vicino al camino, a volte non poteva fare a meno di far cigolare i suoi stivali. Valletti in livrea variopinta e indifferenti portarono dei candelabri con candele accese. La loro fiamma illuminò qualche bagliore sui diamanti delle decorazioni e le dorature delle boiserie.

Ci fu un movimento nel gruppo dei dottori attorno al letto. Uno di loro si chinò sulla giovane donna che si contorceva negli ultimi dolori; passò ancora un istante, poi un gemito più forte fece sobbalzare i testimoni di quella scena drammatica; l’imperatore, non potendone sopportare oltre, lasciò sfuggire un «Mein Gott» supplichevole e si prese la testa tra le mani. Ci fu un grido, poi un silenzio così totale che ognuno sentiva i battiti del proprio cuore, e improvvisamente si levò un vagito, così semplice, così umano, così fresco, così inaspettato nonostante tutto, che gli occhi degli astanti si riempirono di lacrime.

«È un maschio!», disse la voce forte del dottore.

«Dio sia lodato!», rispose l’imperatore rialzandosi.

(continua)


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