Racconti

Ritratto con dedica

di Marta Visconti

 

Ritratto con dedica

Classificazione: 5 su 5.

 

 

Ascoltava il crepitio delle ruote sulla strada – come musica che accompagnava i suoi pomeriggi di fuga”

SOFIA guardò di nuovo la strada mentre l’auto procedeva lenta nella nebbia; un tenue raggio di sole che squarciava leggero quel muro invalicabile le sfiorava i delicati lineamenti. Ascoltava il crepitio delle ruote sulla strada – come musica che accompagnava i suoi pomeriggi di fuga. Amava la musica fin dall’infanzia. Eppure quando Giovanni conduceva la Lancia Astura con la cappotta nera abbassata, spingendo sull’acceleratore a correre più veloce … più veloce … malgrado la nebbia, arrossiva timida. Poi, aprendo di nuovo gli occhi, poté scorgere il borgo che affacciava sullo specchio d’acqua del lago di Como. Tornò a gioire mentre osservava il palazzo, proprio oltre lo specchio d’acqua del lago, poi tolse la pesante mantella che l’avvolgeva. L’acida matrigna aspettava il suo ritorno in tempo per riunire la famiglia … Purché le piccole confidenze non le avessero fatto dimenticare le buone maniere … D’altro canto come potevano rinviare ancora una volta? 
Giovanni si voltò a darle una veloce sbirciata e sorrise; lei, al solo sguardo, esplose in una delicata risatina. Era il culmine di una giornata magnifica. 
Adorava le lezioni di canto e come sempre, aveva con sé, nascosti, gli spartiti. Il canto era un suo momento di piacere, sin dall’infanzia e, di tanto in tanto, bisbigliava in segreto alla sua amica Liliana che la sua più grande ambizione sarebbe stata quella di diventare la nuova Bianca Scacciati per vivere, studiare ed esercitarsi nel canto giorno e notte. Quest’idea, all’istante, la faceva ridacchiare felice. Era un desiderio del quale non poteva rivelare a nessuno, nella sua famiglia. Le lezioni private con la signorina De Martini le davano gioia e amore più di tutto il resto. Dedicava ore a esercitarsi, si impegnava tenacemente, fantasticando sull’idea che un giorno avrebbe debuttato al grande Teatro alla Scala. Ma i suoi sogni passarono prontamente dal canto all’amica mentre l’auto percorreva lenta il vialetto, portandola dalla sua adorata Liliana, figlia del podestà. Il padre di Sofia, Costanzo e il podestà, erano amici da sempre. Le due amiche condividevano quasi ogni cosa, i loro sogni, i loro desideri, i loro segreti.

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Da piccine avevano provato le stesse angosce e le stesse gioie e al momento Sofia sentiva di non doverla deludere, pur avendo promesso, a batuffolo di filo spinato, come era solita apostrofare l’acida matrigna, di non farlo. In definitiva, era una sciocchezza. Liliana richiedeva una sua visita. In una lettera a Sofia aveva raccontato di quanto si annoiasse circondata solo dalla piccola cerchia familiare. I viandanti si ritiravano sul ciglio della strada mentre l’auto procedeva ora lenta; Giovanni lanciava grida di saluto che attiravano l’attenzione. Per lei, Giovanni avrebbe rischiato una lavata di capo, ma Sofia gli aveva promesso che nessuno l’avrebbe scoperto. E poi, in definitiva, lui l’aveva accompagnata lì, da anni. Andava in visita alle sue amiche almeno tre volte a settimana; di conseguenza che male poteva esserci? La signorina Sofia era una giovane buona, bella, davvero incantevole. Dalla tenera infanzia, era sempre stata la piccina più deliziosa. 
I poliziotti al cancello li fermarono e Giovanni frenò. Iniziava una leggera pioggerellina e due poliziotti si avvicinarono. Avevano un’aria minacciosa – ma solo fino a quando capirono di chi si trattasse. Sofia era conosciuta. Le fecero un saluto quasi impacciato mentre Giovanni riprese la sua marcia lenta verso la casa principale. Questa era la residenza preferita dalla moglie del podestà. Capitava di rado che abitassero a Palazzo “Visconti” a Milano, salvo per qualche ricorrenza o in occasione di celebrazioni solenni. La villa sul lago era il loro rifugio. 
Però, anche per lei, questo luogo era il favorito. Era proprio affascinata dalla madre di Liliana, tanto è vero che aveva chiesto che le realizzassero un ritratto simile a quello che ritraeva la zia Bianca Maria nella sua giovinezza, lontana e spensierata. In famiglia, l’estate prima, avevano deciso di accontentarla, chiamando un giovane pittore francese. Liliana, al contrario, la prendeva in giro costantemente dichiarando che l’amica le rammentava oltremodo la madre! Giovanni scese dal suo posto mentre due ragazzini si aggiravano intorno ad ammirare l’auto. La pioggia ora scendeva copiosa, mentre si apprestava a tendere una mano a Sofia. La mantella era impregnata di pioggia; le guance rosse per quella corsa in auto, dalla durata indefinita, da Milano. Avrebbe preso una cioccolata calda con l’amica, pensò Sofia, oltrepassando il portone d’ingresso mentre Giovanni entrava nelle cucine e portava notizie della città e trascorreva un po’ di tempo, aspettando la signorina.
La cameriera l’accolse prendendo la mantella mentre Sofia si toglieva l’elegante cappellino, rivelando la raffinata chioma di un biondo luminoso, che la gente, guardava ammaliata. Il figlio del podestà Vittorio si dilettava a stuzzicarla per la sua bella chioma. Per Vittorio, Sofia era un’altra sorellina da proteggere. Era la migliore amica di Liliana e aveva gli stessi vizi e le stesse virtù. Entrambe lo ricoprivano di cure, lo viziavano e lo vezzeggiavano come il resto della famiglia. Gli intimi della famiglia, lo proteggevano oltremodo. Sofia chiese notizie della piccola cerchia familiare, con viva partecipazione. La cameriera scrollò le spalle. «Il podestà è rimasto a occuparsi delle sue carte per tutto il tempo. La signora era impegnata con le sue iniziative …

(continua)

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